di Paolo Peruzzi

Abstract

Nel febbraio del 1986, il governo britannico pubblica un libro bianco “Privatisation of the Water Authorities in England and Galles” nel quale vengono indicate un’impressionante lista di potenziali benefici della privatizzazione dei servizi idrici: le società non saranno più oggetto di interventi da parte del governo e il management sarà così protetto dalle pressioni politiche; saranno libere dai vincoli della proprietà pubblica su tariffe e finanziamenti; avranno accesso al mercato privato dei capitali per ridurre i costi e migliorare i servizi; potranno attuare una strategia più chiara per la protezione dell’ambiente idrico; avranno una maggiore capacità di attrarre un management di elevate qualità. Dopo più di trenta anni il paese che ha scelto la strada delle privatizzazioni per assicurare servizi migliori e più efficienti sembra ora sull’orlo della ripubblicizzazione e anche i conservatori, che sono stati i promotori convinti della privatizzazione, sono preoccupati perché quelli che allora sembravano i pregi di questa forma di gestione ora appaiono, nella migliore delle ipotesi, come delle inadeguatezze da superare. Nel paper vengono analizzate le diverse posizioni che si stanno sviluppando su questo tema: da una parte i sostenitori della ripubblicizzazione con le loro tesi della finanziarizzazione dei servizi idrici, dall’altra i sostenitori dell’attuale sistema di regolazione che con le loro proposte di riforma ne vorrebbero superare i limiti e migliorare la considerazione dell’utente all’interno dello schema regolatorio.

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Introduzione1

Nel febbraio del 2018, un articolo del Financial Times dal titolo: “Il ritorno al pubblico dei servizi privatizzati in Gran Bretagna” (Ford & Plimmer, 2018), proponeva al lettore alcune riflessioni sulla ripubblicizzazione dei servizi idrici.

Con l’espressione “Il signor Corbyn sta strombazzando le virtù della proprietà statale”, l’articolo avverte del fatto che se i laburisti verranno eletti, procederanno alla ripubblicizzazione di ferrovie, acqua, energia e delle poste. Un recente sondaggio mostra infatti che l’83% degli intervistati predilige la rinazionalizzazione del settore idrico che nel nel 1989, l’allora primo ministro Margaret Thatcher, aveva privatizzato. L’articolo prosegue affermando che il problema maggiore che i laburisti dovranno affrontare con la ripubblicizzazione sarà quello del risarcimento (o valore di rimborso/indennizzo), che a parere dei sostenitori della ripubblicizzazione è sovrastimato. In teoria, se si guarda ai profitti che le aziende generano, il risarcimento non è necessariamente un costo per i contribuenti: “se si prende un prestito per comprare un attività che sta producendo profitti, saranno i profitti a coprire i costi del prestito”. A sostegno di questa tesi l’articolo propone un semplice calcolo; un prestito di 90 miliardi di sterline agli attuali tassi a 10 anni dell’1,6% produce un costo per interessi di circa 1,5 miliardi/anno di sterline, considerato che le società idriche inglesi nel 2016 hanno generato utili operativi per circa 3,5 miliardi di sterline pare evidente che dopo aver pagato gli interessi potrebbe esserci ancora un dividendo per la proprietà pubblica.

Il testo passa poi ad illustrare i risultati di una ricerca sui costi e i benefici della ripubblicizzazione delle società che gestiscono i servizi idrici (Bayliss & Hall, 2017). In sintesi, le compagnie idriche attualmente hanno un debito complessivo di 42 miliardi di sterline e hanno pagato in media 3,2 miliardi di sterline l’anno in dividendi e interessi tra il 2007-2016. Rifinanziare i loro capitali azionari e il loro debito con prestiti pubblici ridurrebbe quei costi di 2,3 miliardi di sterline l’anno, eliminando i dividendi e riducendo i costi del servizio del debito. Ciò equivale a un risparmio di 100 sterline sulla bolletta dell’acqua che in media ammonta a circa 400 sterline (circa il 25%).

L’articolo prosegue sottolineando che se tali dati siano da considerare reali o semplicemente retorici, dipende dal fatto che le aziende di proprietà pubblica possano fornire servizi in modo efficiente come nel settore privato. Naturalmente se le utility nazionalizzate diventassero inefficienti, allora il vantaggio del costo del capitale si dissiperebbe. I profitti diminuirebbero e i costi di indebitamento pubblico potrebbero salire.

A questo punto l’articolo chiama in causa il professor Dieter Helm, un economista che da tempo si occupa delle public utility e al quale attribuisce un punto di vista intermedio. Le tesi che si contrappongono, secondo Helm sono entrambe legate alla questione della proprietà: proprio come Margaret Thatcher pensava che il capitale privato e la competizione avrebbero promosso l’efficienza in attività pubbliche poco efficienti, così la sinistra crede che ispirati funzionari pubblici possano sostituire ciò che vedono come avidità privata. In definitiva il prof. Helm sostiene che ciò che è necessario è un forte investimento e una gestione a lungo termine, sostenuta da una regolamentazione ragionevole, indipendentemente dal fatto che l’argento della famiglia sia in mano pubblica o privata.

Il tema della ripubblicizzazione è al centro anche di una nota di Oxera, una società di ricerca e consulenza con una vasta esperienza sulla regolazione delle public utility, pubblicata nel marzo del 2018, un mese dopo quella del Financial Times (Oxera, Legitimacy and renationalisation: where next utility regulation?, 2018). Il titolo della pubblicazione suona così: legittimazione e rinazionalizzazione: dove andrà la prossima regolazione delle aziende di pubblica utilità. L’incipit della nota è chiaro. Le società di servizi di pubblica utilità britanniche stanno affrontando un rigoroso esame da parte di alcuni settori della società che sentono di avere sempre minore fiducia che la regolazione da parte dell’autorità indipendente sulle le società di proprietà privata sia in grado di assicurare servizi di buona qualità a prezzi equi. Le società hanno una redditività eccessiva. Nel 2015, il National Audit Office ha pubblicato una recensione fortemente critica nei confronti Ofwat, il regolatore economico del settore idrico in Inghilterra e Galles, e ha concluso che il regolatore aveva permesso alle aziende di ottenere guadagni eccezionali da fattori esterni al loro controllo tra il 2010 e il 2015.

Di tutto questo sembra preoccupato anche il governo conservatore. Nel gennaio 2018, il segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali, Michael Gove, ha scritto a Jonson Cox, presidente di Ofwat, delineando alcuni preoccupazioni: accordi finanziari offshore, cartolarizzazione, alta leva finanziaria, alti livelli di retribuzione dei dirigenti e alti pagamenti di dividendi. La rinazionalizzazione è qualcosa che l’attuale governo non vuole vedere ma “Se non vedremo un cambiamento, la pressione per la rinazionalizzazione potrà solo aumentare.” Con questa premessa Oxera, una società attiva sia nella ricerca che nella consulenza particolarmente attiva sui temi della regolazione delle utility, si interroga come i regolatori possano rispondere a queste pressioni che provengono sia dalla politica che dalla pubblica opinione, e indica la strada di impostare controlli più severi sui prezzi e sui livelli di prestazioni, proponendo una serie di leve che i regolatori hanno per ottenere questi risultati. È questa la parte più analitica della nota nella quale si svolge una vera e propria analisi della regolazione realizzata nel passato proponendo degli aggiustamenti sia sulle componenti ex-ante che ex-post.

Vediamo ora le principali argomentazioni che entrano in questo dibattito sulla ripubblicizzazione.

1 Le ragioni dei laburisti per la ripubblicizzazione

Nell’articolo del Financial Times si sostiene che la posizione dei laburisti sulla ripubblicizzazione dell’acqua abbia come riferimento l’analisi e le proposte contenute nell’articolo di Bayliss e Hall dal titolo “Portando l’acqua nella proprietà pubblica” (Bayliss & Hall, 2017).

1.1 Il servizio idrico verso la proprietà pubblica: costi e benefici

Questo paper inizia in modo molto diretto affermando che mentre le tariffe crescono per pagare i dividendi e gli interessi sul debito e l’autorità di regolazione non riesce a tener testa alla capacità della finanza di estrarre valore per gli investitori, cresce il numero di coloro che deve combattere per continuare a pagare le bollette dell’acqua. Oltretutto i livelli di servizio risultano scadenti (ad esempio, nel 2016 e 2017 le società sono state multate milioni di sterline per le perdite e le esondazioni di acque reflue) e il controllo di pubblico appare sempre più carente (Bayliss & Hall, 2017, p. 1-2).

L’argomentazione principale a sostegno della tesi dei laburisti deriva dal confronto tra il costo del debito annuo pagato dalle società e il costo medio del debito pubblico. Ofwat avrebbe riconosciuto alle società in media un tasso doppio di quello applicato al debito pubblico per un totale di 500 milioni annui su uno stock di debito netto di 42 miliardi. Mentre il debito cresceva, gli azionisti incassavano i dividendi per miliardi di sterline, fondi che avrebbero potuto essere utilizzati per finanziare nuovi investimenti o ridurre il debito e pagare meno interessi. Nel 2016 le società hanno pagato 1,4 miliardi di interessi e 1,4 miliardi di dividendi, una somma pari al 24% del fatturato. In media, negli ultimi dieci anni, le società di acqua e fognature hanno pagato oltre 1,8 miliardi di sterline all’anno in dividendi, il che equivale a circa 75 sterline per famiglia all’anno. E’ evidente che questo sia un modo assai costoso per finanziare l’infrastruttura (Bayliss & Hall, 2017, p. 3-4). Di fatto, il costo per il mantenimento e il miglioramento delle infrastrutture negli ultimi 28 anni non è stato finanziato dagli investitori, ma dall’indebitamento.

Con la maggior parte del profitto, destinato ai dividendi, le società hanno dovuto indebitarsi per importi sempre maggiori per pagare l’effettivo investimento fisico. Le società che erano state liberate dal debito (Parker, 2012) con la privatizzazione nel 1989, hanno ora accumulato oltre 40 miliardi di sterline di debito (tabella 3), che ora finanzia oltre i tre quarti delle attività delle società (Bayliss & Hall, 2017, p. 4).

L’Inghilterra, secondo gli autori, potrebbe ristrutturare il servizio come un sistema locale, democratico e di proprietà pubblica. Il vantaggio principale sarebbe quello di bloccare l’estrazione di dividendi agli azionisti e di ridurre i pagamenti degli interessi sul debito. Questi risparmi combinati equivalgono a circa 100 sterline l’anno per famiglia, equivalenti a un taglio delle bollette dell’acqua di circa il 25% (Bayliss & Hall, 2017, p. 5). Il paper si spinge fino a prefigurare quello che potrebbe essere l’assetto della nuova organizzazione dei servizi idrici e si chiude con alcune considerazioni su ciò che comporterebbe la rinazionalizzazione delle società che gestiscono i servizi idrici.

In questo contesto si afferma che l’indennizzo non è legato direttamente ai valori di borsa delle società ma verrebbe determinato dal parlamento anche sulla base del valore contabile al netto dei contributi che lo Stato versò alle società all’epoca delle privatizzazioni. Il paper suggerisce di considerare il valore dell’indennizzo in termini di un investimento da parte dello stato, in cambio del quale il settore pubblico guadagna beni di valore economico e sociale ovvero un risparmio per l’utente di 2,3 miliardi fra interessi e dividendi, che espresso in termini del valore supposto dell’indennizzo pari a 20 miliardi di sterline corrisponderebbe ad un rendimento dell’11% (Bayliss & Hall, 2017, p. 6-7).

1.2 La Finanziarizzione del servizio idrico in Inghilterra e Galles

Dietro questa analisi vi è una chiave di lettura che giudica la finanziarizzazione dei servizi idrici un elemento che condiziona negativamente il costo del servizio per l’utente. Il servizio idrico è diventato sempre più finanziarizzato, che è come dire che l’architettura finanziaria, economica e istituzionale su cui è basato il servizio idrico si è piegata a sostenere gli interessi dei capitali finanziari privati (Bayliss, 2014b, p. 292). Un passaggio che contribuisce a chiarire cosa l’autore intende per finanziarizzazione potrebbe essere il seguente: “Quando le società di gestione dei servizi idrici sono state privatizzate, la finanza privata è stata percepita come un mezzo per sostituire i finanziamenti pubblici al fine di ridurre la spesa pubblica. Ventiquattro anni dopo, le compagnie idriche sono solite incrementare le tariffe per le società finanziarie internazionali in modi che erano inimmaginabili nel 1989. Allora l’acqua era un tranquillo e prevedibile investimento, ora è diventata un investimento speculativo.” (Bayliss & Hall, 2017, p. 55).

Un altro aspetto che l’autore ritiene stringa le catene della finanziarizzazione del settore è la crescita continua di investimenti che a sua volta sostiene un saldo negativo dei flussi di cassa e quindi la necessità di assicurarsi maggiori finanziamenti. Un passaggio proposto dall’autore è quello relativo alla crescita dell’indebitamento come strumento per incrementare il rendimento del capitale investito. Perché le aziende dovrebbero aumentare i prestiti a livelli così alti? C’è stato un certo aumento degli investimenti di capitale, ma questa è solo una parte del motivo dell’aumento. Un fattore è che il debito è più economico del capitale proprio. Il debito è un rischio inferiore e quindi attira un tasso di rendimento inferiore rispetto al capitale azionario. Spostare la struttura finanziaria verso livelli più elevati di debito, piuttosto che sul capitale, ridurrà i costi di finanziamento al di sotto di quelli ipotizzati dal regolatore nella revisione tariffaria. Questo da solo assicurerà che le società abbiano un costo del capitale inferiore a quello assunto nella revisione tariffaria (Bayliss, 2014a, p. 65). Un indebitamento maggiore di quello previsto dalla regolazione può consentire alle società di generare un rendimento più elevato per gli azionisti. Un indebitamento che nel settore delle infrastrutture può essere spinto anche a livelli più elevati rispetto ad altri settori, generando così maggiori ritorni per gli azionisti. Anche la politica dei dividendi può finire per essere finanziata dal debito. Secondo Armitage (Armitage, 2012, p. 465), “Le società hanno distribuito dividendi che sono stati sostanzialmente superiori ai loro flussi di cassa disponibili, sia prima che dopo il pagamento degli interessi. Come risultato, le aziende hanno dovuto indebitarsi per far fronte alle spese di investimento e al pagamento dei dividendi.”.

Il paper conclude affermando che il settore finanziario è ormai profondamente radicato nella struttura della distribuzione dell’acqua in Inghilterra e Galles. L’ingegneria finanziaria in alcune imprese ha portato a forti aumenti del debito accompagnati da sostanziali aumenti nei pagamenti di interessi e dividendi. Tali pratiche rischiano di lasciare le imprese incapaci di pagare gli investimenti.

1.3     Il cuore della finanziarizzazione

La finanziarizzazione del settore di cui si parla nell’articolo sembra tragga la sua origine nel sistema di remunerazione del capitale investito che viene utilizzata dalla regolazione tariffaria di Ofwat e di altri regolatori di servizi pubblici. Si chiama il mercato a finanziare gli investimenti e si adottano sistemi di remunerazione del capitale investito che il mercato riconosce: nel nostro caso, la combinazione fra il costo medio ponderato del capitale (Weighted Average Cost of Capital – WACC) e le stime del costo del capitale di debito e del capitale proprio (Capital Asset Pricing Model – CAPM). Di seguito si riporta una sintetica descrizione delle modalità con le quali il regolatore provvede ad assicurare un’adeguata remunerazione del capitale investito (Canitano, Peruzzi, & Todini, 2016, p. 18-21).

Per pervenire alla determinazione del volume complessivo dei ricavi ammessi, l’OFWAT utilizza un approccio di tipo bulding block (EuropeEconomics, 2009, p. 65). Tale ammontare di ricavi servirà a ciascuna società per: finanziare i costi operativi della gestione; finanziare il programma degli investimenti; finanziare gli investimenti pregressi attraverso gli ammortamenti e il rendimento del capitale da assicurare alla società sul proprio capitale investito; e far fronte alle obbligazioni fiscali. L’Autorità dopo aver definito i livelli di servizio richiesti per il periodo di regolazione, stabilisce l’ammontare dei costi operativi necessari ad assicurare quei livelli di servizio, stima l’ammontare previsto dei nuovi investimenti necessari, quantifica gli ammortamenti e il rendimento del capitale investito tenuto conto degli investimenti passati e di quelli previsti nel periodo di regolazione, definisce l’ammontare delle tasse che il gestore deve sostenere. La somma totale di questi elementi costituisce i ricavi complessivi che devono essere assicurati al gestore. Uno degli aspetti più importanti della regolazione tariffaria nel settore dei servizi idrici è quello di assicurare la finanziabilità delle imprese, ovvero la loro capacità di reperire sul mercato i finanziamenti necessari a realizzare gli investimenti. Il riferimento è alla necessità di riconoscere in tariffa un ragionevole tasso di rendimento e un adeguato livello di ammortamento che consentano all’impresa di approvvigionarsi dei finanziamenti necessari sul mercato. Il regolatore deve quindi definire il ragionevole flusso di cassa da assicurare al gestore e fare delle assunzioni sul costo dei finanziamenti da riconoscere in tariffa. Questo processo dovrebbe permettere al gestore di raccogliere finanziamenti a condizioni ragionevoli e soddisfare così gli obblighi riguardo al finanziamento degli investimenti. La metodologia utilizzata da OFWAT per definire il costo del capitale è quella riconducibile al modello WACC & CAPM, uno standard che viene utilizzato anche dagli altri regolatori. Secondo questo schema, il costo del capitale che il regolatore definisce nella revisione tariffaria dovrebbe riflettere il costo opportunità dei finanziamenti nelle infrastrutture, che rappresenta il miglior rendimento atteso offerto sul mercato per un investimento con la stessa durata e lo stesso profilo di rischio. Il WACC è calcolato come media ponderata di (a) il costo stimato del debito, e (b) il costo stimato dell’equity, ovvero il rendimento che gli investitori (azionisti e finanziatori di vario tipo) richiedono per investire nella società (EuropeEconomics, 2009, p. 6). La formula del WACC è la seguente: WACC = r × + r × . Dove r è il costo dell’equity, r è il costo del debito e E e D sono il valore complessivo del patrimonio netto e del debito rispettivamente utilizzati per determinare il livello d’indebitamento della società e fornendo così il peso relativo fra costo dell’equity e del debito finanziario. Il costo del debito r misura la combinazione dei tassi d’interesse applicati dalle banche sulla società e il rendimento pagato dalla società su altri strumenti di finanziamento come obbligazioni e prestiti. È una pratica standard definire questo rendimento come la somma di due componenti: una tasso privo di rischio e un premio di rischio con specifico riferimento alla società. Poiché il pagamento dei debiti avviene generalmente a scadenza fissa (in contrasto con la variabilità dei rendimenti azionari), il rischio in questo contesto è quello del non pagamento. Una potenziale misura del rischio di non pagamento è il rating sul debito della società che viene fornito dalle società di rating. Così un modo per calcolare il premio di debito della singola società è considerare il rating del suo debito e confrontarlo con i dati di mercato sugli spread dei bond rispetto a questo rating: r = r + debtpremium. Il CAPM è utilizzato per determinare il costo dell’equity, r applicando la seguente equazione: r = r + β × MRP. Dove, r è il rendimento privo di rischio, approssimativamente equivalente al tasso di rendimento dei buoni del tesoro, β è la covarianza dei rendimenti della società (settore) e quelli del mercato nel suo complesso (portafoglio titoli), che possono essere stimati sul mercato, MRP è il premio di rischio del mercato sul tasso di rendimento privo di rischio. In questo modello di CAPM standard ci sono tre determinanti del tasso di rendimento del capitale investito: il tasso di rendimento privo di rischio; il premio di mercato rispetto al tasso di rendimento privo di rischio che riflette il rischio sistematico, e l’esposizione individuale (settore) della società al rischio sistematico (debt premium). Nel calcolare una stima del WACC è necessario fare delle assunzioni sul livello d’indebitamento delle società così come conoscere il peso in cui dovrebbe essere collocato rispettivamente il costo dell’equity e il costo del debito (notional capital structure o notional gearing). Comunque la scelta dell’indebitamento non necessariamente riflette il costo del capitale dopo le tasse poiché sia il costo dell’equity che il costo del debito cambiano con l’indebitamento. La scelta dell’indebitamento influenza le imposte di cui l’OFWAT deve tener conto nella determinazione delle tariffe (EuropeEconomics, 2009, p. 6-8). Il livello teorico di indebitamento sul quale è fatto il calcolo del WACC non intende costituire un’indicazione sulle decisioni delle società riguardo alla struttura finanziaria ottimale. La scelta della struttura finanziaria rimane in capo alle società (EuropeEconomics, 2009, p. 58). L’OFWAT considera che un livello di indebitamento sia sostenibile quando è compreso fra il 55 e il 65%, e ritiene che questo livello assicuri alle società di rimanere in modo confortevole in un rating investment grade. Le assunzioni sul costo del debito derivano da osservazioni dirette effettuate sul debito esistente delle società e sulla base di proiezioni future che tengono conto del peso ponderato del debito esistente insieme al fabbisogno di nuovi finanziamenti e di rifinanziamenti per tutto il periodo della revisione. Nella valutazione media ponderata, il debito esistente pesa per il 75%, e il debito futuro per il restante 25% (OFWAT, 2011, march, p. 27-28). Ad ogni revisione tariffaria, OFWAT prende in considerazione, nel fissare il costo del capitale, l’evoluzione settoriale del rapporto tra capitale di debito e capitale proprio. Il regolatore affronta dunque la questione del costo del capitale per assicurare che l’investitore sia in grado di reperire sul mercato i capitali necessari a finanziare l’investimento stesso. In realtà tutto questo finisce per tradursi, in pratica, nell’assicurare che i ratio previsti (calcolati con le assunzioni sull’indebitamento nozionale) permetteranno alle società di mantenere un rating appropriato (EuropeEconomics, 2009, p. 64). L’esistenza di indicatori finanziari, ben compresi e ben definiti, che vengono utilizzati dai finanziatori per valutare il merito del credito di un’attività (per esempio gli indicatori utilizzati dalle agenzie di rating), rende relativamente più semplice e chiaro per un regolatore costruire, nella definizione della tariffa, una valutazione della capacità di finanziamento delle società; in questi anni il ruolo delle società di rating si è ulteriormente accresciuto e mentre le imprese di gestione si sono sforzate di rimanere in un rating investment grade, i regolatori hanno cercato di assicurare che le decisioni sulla determinazione della tariffa fossero coerenti e consistenti con un rating investment grade. In questo contesto la maggioranza delle società ha un rating compreso tra singola A e BBB, ovvero nella metà più bassa del range investment grade. In questo modo, l’approccio del regolatore vuole rassicurare gli investitori, con un grado relativamente elevato di certezza, che le entrate e il cash flow delle società permetteranno a quest’ultime di far fronte al rimborso dei finanziamenti. Questo approccio ha messo in grado le società di accedere a significativi livelli di indebitamento per finanziare gli investimenti, consentendo loro di mantenere al contempo un rating che è ben all’interno dell’investment grade (OFWAT, 2011, march, p. 37). In relazione a tutto questo, nel tempo, la struttura finanziaria delle società si evoluta verso un’elevata leva finanziaria, con società che al momento della privatizzazione avevano un indebitamento pari a zero e che hanno ora un livello d’indebitamento medio del 69% del RCV (Regulated Capital Value), con la maggioranza delle imprese concentrata fra il 75 e l’85%. Tuttavia gli stessi regolatori, quando definiscono la tariffa, devono affrontare il tema dell’eccessivo indebitamento che potrebbe portare le società a peggiorare i propri indicatori finanziari, uscire dal rating investment grade, e quindi rendere più difficile per loro trovare finanziatori per realizzare gli investimenti necessari. Il tema è quindi quello delle misure che il regolatore può definire affinché il sistema tariffario garantisca la finanziabilità delle imprese. Nella letteratura si individuano tre possibili soluzioni: soluzioni con un effetto tariffario che genera un valore attuale netto positivo, soluzioni con un effetto tariffario che genera un valore attuale netto neutro, soluzioni che prevedono un aumento del capitale proprio. Le soluzioni con un valore attuale netto positivo sono quelle che affrontano i temi della finanziabilità incrementando le entrate generate dalla tariffa, per esempio attraverso la fissazione del tasso di rendimento ad un livello superiore al costo del capitale stimato. OFWAT applicò questo approccio nel 2004, ma i regolatori hanno superato questa soluzione affermando che l’utente non dovrebbe pagare di più per risolvere i problemi di finanziabilità. Le soluzioni con un valore attuale netto neutrale prevedono di modificare il profilo delle entrate in modo che la società possa generare maggio cash flow nel breve termine. Un modo per assicurare questi maggiori flussi è quello di accelerare l’ammortamento. Gli utenti pagano di più nel breve ma questo sarà compensato da minori pagamenti del futuro. Il terzo set di opzioni si basa sull’idea che un aumento del capitale proprio porta ad una riduzione del livello d’indebitamento che riducendo i costi degli interessi migliora gli indicatori del credito. Questo potrebbe essere raggiunto (nel modello regolatorio) attraverso il reinvestimento di parte degli utili e/o un’iniezione di nuovo capitale azionario. Assumendo nuovo capitale azionario occorre considerare il maggior costo del nuovo capitale e ipotizza un criterio affinché questo possa essere recuperato. L’approccio corrente di OFGEM è focalizzato sulla terza opzione, aumento di capitale azionario. Esso è basato sull’idea che è responsabilità dell’impresa risolvere i problemi di finanziabilità attraverso la gestione della sua struttura del capitale. Anche la proposta metodologica di OFWAT è focalizzata sull’aumento di capitale come soluzione appropriata per i problemi di finanziabilità. Nell’approccio proposto da OFWAT c’è anche tuttavia l’obiettivo di indirizzare verso una soluzione a valore attuale netto neutrale, cambiando il profilo dell’ammortamento per generare maggiore cash flow nel breve termine (Frontier_Economics, 2013, p. 15-14). In realtà, il tema delle soluzioni con valore attuale netto positivo ritornano all’attenzione del regolatore nel momento in cui deve valutare il rischio del sotto investimento. In pratica, i regolatori economici inglesi hanno avuto la tendenza a scegliere un punto di stima (rendimento) che sta sopra la media del range di stima, nella parte superiore dell’intervallo stimato. La tipica giustificazione di questo approccio è che i costi totali dell’impresa in presenza di un WACC basso includeranno un rischio di sotto investimento, con effetti negativi sulla qualità del servizio. Pertanto, i costi sociali che derivano da un WACC troppo basso sono considerati maggiori dei costi per gli utenti (in termini di tariffe più alte e un potenziale sovrainvestimento) di fissare un WACC troppo alto (OXERA, 2015, p. 1). A conclusione, il regolatore, per assicurarsi che il gestore sia in grado di reperire sul mercato i finanziamenti adeguati a realizzare gli investimenti necessari, è chiamato a fissare un costo del debito e una remunerazione dell’equity uguale se non addirittura superiore a quella del mercato2.

2 Le ragioni di una nuova e più efficace regolazione del settore privato

Quali potrebbero essere i rimedi che il regolatore potrebbe adottare di fronte all’accusa di aver permesso alle aziende di ottenere guadagni eccezionali tra il 2010 e il 2015? I rimedi sono quelli recentemente proposti da OXERA e contenuti nella nota Legitimacy and renationalisation: where next utility regulation?

2.1     Legittimità e rinazionalizazione: dove andrà la prossima regolazione delle utility?

OXERA reputa che sia necessario e opportuno introdurre delle “correzioni” nella regolazione dei servizi idrici in Inghilterra e passare ad una regolazione tariffaria più severa (Tougher price settlements).

OXERA propone una serie di leve e di iniziative distinguendo fra provvedimenti ex ante e condivisione ex post di extra prestazioni. Rientrano tra i provvedimenti ex ante i rendimenti consentiti inferiori, valutazioni di efficienza più impegnative, tassi di capitalizzazione dei costi più elevati, obiettivi di prestazione più severi. La condivisione ex post di extra prestazioni prevede la definizione dei tariffe incentivanti per la condivisione della riduzione dei costi, l’indicizzazione e meccanismi automatici di conguaglio, le revisioni tariffarie e revocatorie ex post a discrezione del regolatore, i rendimenti del capitale investito ancorati, livelli minimi e massimi predefiniti agli utili delle società.

In termini più concreti, i provvedimenti ex ante ipotizzati nel paper, sia per abbassare le tariffe che migliorare la qualità del servizio, sono(Tabella 1):

il riconoscimento di minori rendimenti sul capitale investito, ovvero la definizione da parte del regolatore di tassi di rendimento sulla base del WACC (importi al di sotto del 4%) inferiori a quelli del passato;

la definizione di stime di efficienza più impegnative chiedendo quindi alle aziende di realizzare miglioramenti di efficienza più grandi o più rapidi;

la richiesta di tassi di capitalizzazione più elevati della spesa totale (TOTEX). In questo caso si tratta di aumentare la percentuale di spesa che viene aggiunta alla base del capitale regolatorio e restituita in più anni (“moneta lenta”). Una soluzione a breve termine che sarebbe compensata da prezzi più alti nei periodi futuri;

la definizione di obiettivi di prestazione più severi. Oltre a ridurre i prezzi, i regolatori potrebbero cercare di fissare obiettivi di performance più impegnativi che le aziende dovrebbero soddisfare per raggiungere il rendimento di base;

la definizione di tariffe che prevedano la condivisione degli incentivi, ovvero la condivisione con gli utenti di un qualsiasi risparmio ottenuto sui costi;

l’introduzione di indicizzazioni e meccanismi automatici di conguaglio per evitare che le società ottengano vantaggi da fattori esogeni al di fuori del loro controllo. A questo scopo, si potrebbe prevedere di indicizzare il costo del nuovo debito e definire meccanismi di conguaglio per le variazioni delle aliquote fiscali. E’ quindi importante che siano identificati i fattori al di fuori del controllo della società e che siano collegata a ciascuno di essi la prescrizione di riduzioni delle bollette o reinvestimento quando l’azienda ottiene benefici da questi fattori;

la previsione di riapertura o revocatoria ex post, a discrezione del regolatore, delle sovra performance. Storicamente i regolatori sono stati infatti riluttanti a recuperare la sovra performance dopo l’evento per timore di indebolire gli incentivi. Il Governo potrebbe farlo come lo ha fatto nel passato (le windfall taxes alla fine degli anni 90’);

la definizione di rendimenti ancorati. Con ciò si intende che siano ancorati i rendimenti ex post del costo del capitale (WACC ex ante) fissando un intervallo obiettivo per il costo del capitale ex ante e conguagli ex post per garantire che i rendimenti effettivi delle società rientrino in tale intervallo;

la definizione di basi e limiti all’utile delle società. In questo caso il regolatore potrebbero fissare limiti e massimali espliciti sulla distribuzione dei rendimenti, in modo tale che alla società non sia concesso di guadagnare più del tetto.

Tabella 1 – Dove potrebbe andare la prossima regolazione tariffaria per evitare la nazionalizzazione e rilegittimare le società di gestione, sintesi (Oxera, Legitimacy and renationalisation: where next utility regulation?, 2018)

La nota di OXERA si conclude con alcune considerazioni sulla regolazione incentivante: “Naturalmente, qualsiasi meccanismo di questo tipo rischia di diluire gli incentivi e/o creare ulteriori e impreviste distorsioni del comportamento. Di conseguenza, sarà necessaria un’attenta riflessione su come i meccanismi di condivisione / incertezza siano progettati e implementati. Tuttavia, la direzione generale del viaggio è chiara: le aziende dovrebbero aspettarsi un maggiore controllo dei rendimenti dell’output, nonché una riduzione dei rendimenti base. Pertanto, è possibile che gli interessi a lungo termine delle società siano proattivi in questo settore, identificando fattori al di fuori del controllo della gestione e mettendo in atto accordi per conguagliare i benefici derivanti da tali fattori. Dato che un elemento chiave della legittimità è la percezione di equità, i meccanismi per prevenire guadagni imprevisti (se ben progettati e spiegati efficacemente) alle imprese regolamentate potrebbero fare molto per ripristinare la fiducia nel modello normativo.” (Oxera, 2018, p. 4).

Alcuni di questi suggerimenti vengono raccolti pochi giorni dopo da OFWAT nella lettera di risposta alle critiche del ministro dell’ambiente il conservatore Michael Gove.

3 Ofwat, la lettera di J. Cox al Segretario di stato all’Ambiente M. Gove del 9 aprile 2018

Il Segretario di stato all’ambiente del partito dei conservatori, Michael Gove, nel gennaio del 2018 scrive ad OFWAT dicendosi molto preoccupato per l’uso da parte di alcune società idriche di strutture finanziarie opache basate su paradisi fiscali, per un elevato tasso di indebitamento e per il fatto che alcune società idriche hanno realizzato per molti anni profitti eccessivi (Gove, 2018, 31 january), preoccupazioni riprese successivamente in un discorso alla Water UK City Conference: “La rinazionalizzazione è qualcosa che l’attuale governo non vuole vedere ma se non vedremo un cambiamento, la pressione per la rinazionalizzazione potrà solo aumentare “, (Gove, Speech at Water UK City Conference, 1 march 2018, 2018).

Il presidente di OFWAT, J. Cox, nel rispondere alla lettera ricevuta dal Segretario di stato all’ambiente fa una serie di affermazioni molto significative che anticipano una svolta nella regolazione tariffaria e che in parte sembrano richiamare proprio quelle considerazioni che OXERA aveva svolto solo il mese precedente sulla sua AGENDA (Oxera, 2018).

Anche OFWAT ritiene che il “comportamento aziendale di alcune società idriche abbia diminuito la fiducia nella fornitura di questo servizio fondamentale. Alcune aziende sono considerate focalizzate sull’ingegneria finanziaria a spese del servizio pubblico. I fallimenti del servizio dopo il congelamento-scongelamento dello scorso mese, uniti alle preoccupazioni sul rischio di siccità, hanno danneggiato la fiducia nell’industria idrica.” (Ofwat, 2018). In questa lettera OFWAT promette un cambiamento radicale che può essere così sintetizzato: “Ci assicureremo che le società idriche non utilizzino l’ingegneria finanziaria per gonfiare gli utili per gli investitori. Stiamo agendo per ridurre ciò che le aziende possono ottenere da un elevato indebitamento [Rendimenti ancorati] e per richiedere loro di condividere vantaggi con i propri clienti sotto forma di bollette più basse [Tariffe con la condivisione degli incentivi]. Stabiliremo standard ancora più rigorosi per garantire che le strutture finanziarie siano solide [Indicizzazioni e meccanismi automatici di conguaglio] e che i clienti siano protetti se le cose vanno male. I pagamenti dei dividendi minano la fiducia del pubblico quando sono fuori linea rispetto a ciò che è considerato ragionevole per i servizi pubblici . Ci aspettiamo che le Board stabiliscano politiche di dividendi chiare e appropriate e adempiano gli obblighi verso i clienti e gli altri stakeholder prima di effettuare il pagamento dei dividendi [Basi e limiti all’utile] Allo stesso modo, ci aspettiamo anche che i cda, da qui in poi, conquistino la fiducia dei clienti impostando e spiegando i bonus e le retribuzioni per i dirigenti, facendo riferimento alla consegna eccezionale per i clienti.” (Ofwat, 2018). La lettera di OFWAT è accompagnata da un allegato dove queste idee vengono definite con maggior dettaglio: “Stiamo adottando una serie di azioni per garantire che il settore idrico sia equo, aperto e affidabile per i clienti. Queste azioni si affiancano alla metodologia del revisione tariffaria PR19, pubblicata a dicembre dello scorso anno”.

Di seguito si sintetizzano le principali azioni contenute nell’allegato alla lettera.

Condividere le migliori performance finanziaria con gli utenti. OFWAT proporrà un nuovo meccanismo per condividere qualsiasi sovra performance finanziaria da parte delle società con gli utenti. In particolare questo meccanismo si applicherà alle società con un debito più elevato rispetto alla struttura “nozionale” del WACC che i clienti pagano in tariffa.

Definire le politiche dei dividendi. OFWAT ritiene che la distribuzione di dividendi da parte di società con un elevato indebitamento danneggi gli utenti. Per questo è orientato a prevedere che le società si impegnino a definire politiche trasparenti sui dividendi nei propri business plan, con l’impegno a soddisfare gli obblighi verso gli utenti e a condividere le migliori performance finanziare prima di erogare dividendi. I consigli di amministrazione devono essere chiari sulla condivisione della sovra performance finanziaria tra le riduzioni di fatture ai clienti e i pagamenti di sovra performance ai loro investitori.

Limitare I premi ai dirigenti esecutivi. OFWAT si aspetta che i consigli di amministrazione definiscano la politica dei premi ai dirigenti e determinino la loro assegnazione solo in base a prestazioni eccezionali verso i clienti, ad esempio in termini di risparmi sui costi e sovra performance del servizio.

Aumentare la resilienza finanziaria. OFWAT nella prossima revisione tariffaria chiederà alle società che nei loro business plan propongano strutture di capitale che siano resilienti a lungo termine, abbiano un rating di investimento robusto e possano supportare i loro obblighi verso i clienti in tutte le circostanze prevedibili.

Confinare maggiormente le attività delle imprese che gestiscono il servizio idrico. OFWAT cercherà di rafforzare gli accordi di confinamento delle attività del servizio idrico. Le modifiche miglioreranno l’integrità del business regolamentato e offriranno ai clienti maggiori protezioni qualora le cose vadano storte.

Assicurare maggiore trasparenza confrontando utili, dividendi rispetto alla struttura patrimoniale con i rendimenti attribuiti alla struttura patrimoniale nozionale (WACC). A partire dalla prossima stagione di rendicontazione finanziaria, le aziende pubblicheranno un confronto tra profitti e dividendi sulle loro strutture patrimoniali effettive, rispetto ai rendimenti previsti dalla struttura “nozionale” utilizzata per fissare le tariffe verso gli utenti. Questo confronto metterà in evidenza dove tale leva a consentito di realizzare dei profitti.

Modificare le licenze per mettere al primo posto l’interesse degli utenti. L’OFWAT governa il comportamento delle aziende attraverso le loro licenze. Vogliamo che queste licenze riflettano ciò che ci si aspetta da chi ha il vantaggio di gestire monopoli di servizio pubblico. In questo senso stiamo considerando l’introduzione di un principio di alto livello per la licenza, rendendo ancora più chiaro il fatto che le aziende devono mettere i clienti e i loro interessi al centro di tutto ciò che fanno.

Come avevamo anticipato, molte di queste proposte corrispondono alle misure suggerite da OXERA nella sua Agenda di marzo.

4 L’opinione del professor Helm

Nello stesso articolo del Financial Times del 2018 si fa riferimento anche all’opinione di Dieter Helm, professore di politica energetica all’Università di Oxford ed analista di lunga data delle utility britanniche, che nel mese di febbraio del 2018 pubblica nel numero 9 dei suoi Cross Regulation Network un testo dove prende a riferimento la proposta dei laburisti di ripubblicizzare l’acqua per sviluppare una serie di interessanti considerazioni sulla regolazione tariffaria di OFWAT (Helm, 2018a).

Uno dei primi paragrafi del paper titola “I fallimenti della regolazione”. All’inizio della regolazione del settore i regolatori hanno posto obiettivi molto chiari e semplici e hanno fissato i limiti di prezzo. Con la prima revisione periodica del 1995, l’allora primo direttore generale Ian Byatt, ha impostato la regolazione per il successivo quarto di secolo. Il regolatore ha fissato il costo del capitale, ha fissato la base patrimoniale regolamentare e ha deciso quali misure di efficienza utilizzare (Helm, 2018a, p. 4).

Secondo Helm, il regolatore, nel 1994, ha commesso gravi, fondamentali e duraturi errori che da allora hanno tormentato il settore e che sono alla base delle successive condotte tenute dalle imprese. Il regolatore avrebbe trascurato la lettura e la protezione dei bilanci. L’impegno delle imprese verso l’ingegneria finanziaria e il loro discostarsi dalla regola del ricorso all’indebitamento solo per finanziare gli investimenti, non sarebbero accaduti se il servizio fosse rimasto sotto la proprietà pubblica. In assenza di un serio tentativo da parte del primo regolatore di proteggere i bilanci per questi scopi di investimento, le società hanno iniziato un massiccio esercizio di ingegneria finanziaria.

Helm sottolinea come la mancata indicizzazione del costo dell’indebitamento in un momento di riduzione dei tassi di interesse, abbia portato alle società un periodo ininterrotto di rendimenti in eccesso basati sull’arbitraggio tra i tassi di interesse concessi e quelli effettivi, tra il costo del capitale e il costo del debito.

Dopo questa prima fase, il regolatore ha speso gli anni successivi a ritornare sugli errori più clamorosi. Una parte fondamentale di questo processo è stata spesa dietro al tema sul governo societario, come se questa fosse la causa dell’ingegneria finanziaria. I direttori delle società idriche sono stati resi sempre più personalmente responsabili, e le autorità di regolazione si sono convinte che i non esecutivi avrebbero preso decisioni che avrebbero sfidato le decisioni di massimizzazione dei profitti dei proprietari. La logica di questi interventi è che vi sia qualcosa di sbagliato nella pura proprietà privata, in cui i direttori perseguono la massimizzazione del profitto nell’interesse degli azionisti. È un’ammissione che non tutto è perfetto nel perfetto mondo della proprietà privata, sia pure temperato dalla concorrenza. Si sostiene che gli amministratori operativi debbano essere controllati in modo da non dare la priorità ai proprietari. È una chiara ammissione che la privatizzazione non è una soluzione in sé, e che la proprietà deve essere mitigata da altri incentivi senza scopo di lucro (Helm, 2018a, p. 5-7).

Ma la parte più interessante del paper è quella che riguarda il costo del capitale. Prosegue Helm, “Il Labour sostiene che dal momento che il governo può prendere a prestito a costi inferiori rispetto al settore privato, il suo costo del capitale è inferiore. Con ciò si sostiene che la proprietà pubblica porterà a una riduzione delle bollette dell’acqua. La prima parte di questo argomento è ovviamente vera. Il governo può prendere in prestito a un costo inferiore. Ma la seconda parte è più controversa, perché ignora l’elemento di rischio proprio del gestore, e assume implicitamente che questo scompaia magicamente, cosa che non accade. Quindi cosa succede al rischio azionario? La risposta è che il rischio viene sostenuto dai contribuenti o viene passato agli utenti. Quindi si potrebbe argomentare che ciò che viene confrontato sono mele con pere, non mele con mele. Per vedere cosa sta realmente succedendo, dobbiamo spacchettare ulteriormente il rischio azionario. Allora si scopre che un bel po’ di questo è di fatto il rischio regolatorio, e un principio fondamentale di finanza efficiente è che il rischio dovrebbe essere assegnato a coloro che sono i più capaci di gestirli – nel caso del rischio regolatorio, il governo.”

Quella che segue è una lucida considerazione sui rischi nella gestione del servizio idrico.

Che dire del rischio azionario nella gestione delle imprese e nei nuovi progetti di capitale – in OPEX e CAPEX? Qui dipende dal fatto se i lavori vengano appaltati o eseguiti internamente. Se sono appaltati – come nel caso della maggior parte dei CAPEX e di molti OPEX – il rischio è a carico del contraente, non della società di gestione. Quindi il costo del capitale della società non dovrebbe includere un premio al rischio azionario per questi elementi (un punto che la maggior parte dei regolatori sembra non considerare). Questo rischio azionario si manifesta nei prezzi di offerta dei contratti stipulati dai contraenti. Pertanto, se i gestori dovrebbero o meno ricevere un premio per il rischio azionario, si pone solo se fanno i lavori da soli, e anche se lo fanno, il costo CAPEX che entra nel RAB è già ricompensato dal regolatore.” (Helm, 2018a, p. 12). Come dire che il rischio nella regolazione dell’equity è un rischio molto ridotto se non addirittura del tutto assente3. Il tema del rischio da remunerare nella componente equity del WACC può essere analizzato attraverso due punti di vista. Da una parte, come abbiamo visto precedentemente, il premio di rischio che ci viene offerto dal CAPM, dall’altra il premio di rischio può essere letto come sommatoria dei rischi che il gestore deve affrontare nel condurre una concessione pluridecennale del servizio idrico. Nell’analisi dei rischi della concessione si esaminano tutti i possibili rischi che il gestore incontra nel percorso della conduzione della concessione stessa. Una esemplificazione di questi rischi è quella ripresa in un manuale della World Bank di qualche anno fa (Kerf, Gray, Levesque, & Taylor, 1998): rischi di programmazione/pianificazione, rischi di costruzione, rischi domanda, rischi relativi agli obblighi di fornitura , rischio costi operativi, rischi finanziari, rischi di regolazione, rischi di forza maggiore. In un articolo di commento a questa metodologia (Mazzei & Peruzzi, 2008) si sottolineava come un contratto (concessione) ben scritto dovrebbe disciplinare gli effetti della maggior parte di questi rischi.

I rischi a cui si riferisce Helm sono quelli di programmazione e costruzione, ma la regolazione di OFWAT ha trasferito all’utente anche i rischi domanda, i rischi finanziari e i rischi di forza maggiore, facendo rimanere in capo al gestore solo i rischi obblighi di fornitura, i rischi costi operativi e, naturalmente, i rischi regolazione (Canitano, Peruzzi, & Todini, 2016). Il trasferimento di questi rischi all’utente ha una sua influenza sulle modalità di calcolo del rischio dell’equity proposto dal CAPM. Nel CAPM. Come abbiamo visto precedentemente, il premio di rischio sull’equity è così definito = + ×. Dove,è il rendimento privo di rischio, approssimativamente equivalente al tasso di rendimento dei buoni del tesoro,  (che può variare fra <1 e >1) è la correlazione fra il rischio sui rendimenti della società e quelli del mercato nel suo complesso, MRP è il premio di rischio del mercato sul tasso di rendimento privo di rischio (il rischio sistematico). Se il regolatore ha ridotto i rischi a carico del gestore trasferendoli all’utente, allora anche il rischio mercato misurato attraverso × sarà di grado minore rispetto a quello di una società non regolata, tanto minore in proporzione a quanti sono i rischi che la regolazione trasferisce all’utente, mentre il rischio sui rendimenti della società potrebbe rimanere tal quale (rating della singola impresa). Nel paper Helm propone di superare entrambe le soluzioni attraverso un nuovo sistema di organizzazione del servizio idrico già illustrato in un suo precedente lavoro (Helm, 2015).

5 Le ragioni della privatizzazioni dell’industria dell’acqua in Inghilterra e nel Galles

Chiudiamo questa rassegna di opinioni e di posizioni istituzionali e scientifiche ripercorrendo le tappe che hanno portato alla privatizzazione dei servizi idrici, al fine di rileggere i motivi che allora giustificarono questa scelta e confrontarli con i temi fin qui emersi. La ricostruzione del contesto e delle tappe che portarono alla privatizzazione dei servizi idrici in Inghilterra e nel Galles è stata esposta in maniera alquanto esauriente e completo da Parker nel 2012 (Parker, 2012).

5.1La prima riorganizzazione e la formazione delle River Water Authorities

Con il Water Act del 1973 il Governo riorganizza gran parte dell’industria idrica ottendendo la fusione di 157 acquedotti, 1.398 gestioni di fognatura e depurazione e quella di 29 river authority in dieci autorità di cui nove, a carattere regionale in Inghilterra (River Water Authorities (RWAs)) e una a livello nazionale per il Galles (Welsh National Water Development Authority).

A metà degli anni 80’ le RWAs impiegavano circa 51.000 dipendenti e avevano un fatturato di 2,5 miliardi di sterline e un volume di investimenti annuo di 900 milioni di sterline. Le RWAs avevano un vasto programma d’investimenti che riguardava principalmente la manutenzione, il rinnovo e la sostituzione degli asset. Circa il 50% del sistema fognario in Inghilterra e nel Galles era stato costruito prima del 1944 e il 25% prima del 1918. Il programma d’investimenti avrebbe avuto bisogno di consistenti finanziamenti ma, attraverso i frequenti tagli operati dal governo in quegli anni, il volume degli investimenti diminuì significativamente. Negli anni che vanno dal 1980 al 1987 ci fu un incremento della spesa del 30%, con investimenti annui che variavano fra gli 850 ai 950 milioni di sterline. Questi investimenti furono finanziati da incrementi della tariffa.

5.2 I prodromi della privatizzazione

Durante il primo governo Thatcher, dal maggio del 1979 al giugno del 1983, fu discussa la possibilità di introdurre il capitale privato nelle RWAs ma l’ipotesi venne scartata. Il principale ostacolo alla privatizzazione era la natura di “bene pubblico” delle attività delle River Water Authority e il loro peculiare potere legale, incluso le funzioni di regolazione sui prelievi e gli scarichi.

Immediatamente dopo le elezioni del 1983 il Governo rinnovò la sua intenzione di procedere con le privatizzazioni. Pochi al tempo pensarono che si potesse procedere alla privatizzazioni delle RWAs; un report del Tesoro di allora concludeva che trasferire gli asset delle RWAs al settore privato non avrebbe condotto ad una maggiore concorrenza eccetto forse che per il capitale, la strumentazione e il lavoro. In sintesi, mentre la futura privatizzazione delle RWAs non stava completamente fuori dal report del Tesoro, questo sottolineava come dovesse servire un sistema di regolazione per prevenire l’abuso del potere di monopolio nei servizi idrici, per assicurare che la pressione commerciale non portasse a politiche che potessero danneggiare l’ambiente e per assicurare che le risorse idriche fossero ben gestite nel lungo termine.

Nel 1985, durante una riunione di governo, si sostenne che si sarebbe ottenuto un vantaggio sostanziale se l’industria idrica fosse stata messa in grado di reperire risorse finanziare guardando al mercato piuttosto che al Tesoro o agli utenti. Per il Governo questo avrebbe significato l’eliminazione dal debito pubblico delle previsioni di finanziamenti per il servizio idrico e l’incremento degli investimenti senza il sostenimento di grandi costi da parte degli utenti.

E’ in questo contesto che emerge un modello alternativo di privatizzazione, nel quale si sarebbe dovuto separare l’attività di regolazione delle RWAs, che sarebbero rimaste pubbliche, da quella di gestione da privatizzare. Il Tesoro guarda con attenzione al successo della privatizzazione di British Telecom di poche settimane prima che ha affermato che un monopolio può essere privatizzato con successo a condizione di definire una affidabile e adatta struttura di regolazione.

Nel Febbraio del 1985 in una bozza di documento del Tesoro vengono inclusi diversi modelli per introdurre il capitale privato nei servizi idrici. Questi modelli includono il modello societario, il management buy-out, il modello cooperativa di consumo, concludendo che difficilmente il management buy-out avrebbe costituito un incentivo alla gestione manageriale, e l’opzione della cooperativa di consumo non fu scartata ma si affermo che con essa si sarebbe perso quella gestione commerciale che era stata sviluppata dalle RWAs. Nel documento si sottolineava la possibilità di una struttura pubblica di regolazione, una regolazione economica contro gli abusi del monopolio, attuata attraverso un Direttore Generale (DG), come nel caso delle telecomunicazioni, che regoli servizi all’utenza e tariffe.

5.3 La privatizzazione vera e propria

Nel novembre del 1985, il Ministro dell’Ambiente conferma che la privatizzazione delle RWAs potrebbe essere la principale iniziativa politica che il ministero intraprenderà entro il termine delle elezioni generali. La privatizzazione libererebbe l’industria dall’intervento diretto del governo e promuoverebbe una grande libertà manageriale. La privatizzazione sarebbe un contributo sostanziale al programma delle privatizzazioni del governo, portando fuori dal settore pubblico asset per un valore di 30 miliardi di sterline insieme a quasi 52.000 dipendenti. Nel febbraio del 1986, il Governo annuncia la pubblicazione del libro bianco “Privatisation of the Water Authorities in England and Galles”. Il libro bianco indica un’impressionante lista di potenziali benefici della privatizzazione: le società non saranno più oggetto di interventi da parte del governo e il management sarà così protetto dalle pressioni politiche; la scioglimento dai vincoli della proprietà pubblica su tariffe e finanziamenti; l’accesso al mercato privato dei capitali per ridurre i costi e migliorare i servizi; una strategia più chiara per la protezione dell’ambiente idrico e per la soddisfazione degli utenti; una maggiore capacità di attrarre management di elevate qualità; una proprietà più distribuita e che motiva i dipendenti anche attraverso l’azionariato diffuso fra i dipendenti; una competizione più facile nella fornitura dei servizi all’utenza. Passano più di due anni dal libro bianco e solo nel 1988 la privatizzazione diventa legge con il Public Utility Transfer and Water Charges ACT. Il 20 novembre 1989 l’offerta di vendita fu di 2.183 milioni di azioni per le dieci water companies, per un valore totale di capitalizzazione nel mercato pari a 5.239 milioni di sterline. Il prospetto di vendita (608 pagine) conteneva una parte generale e dieci sezioni una per ciascuna società da quotare. La capitalizzazione di mercato per le singole società variava tra il valore più basso dei 157 milioni della Northumbrian e il valore più alto dei 922 milioni di sterline della Thames Water.

6 Considerazioni conclusive

L’Inghilterra e il Galles che nel 1988 hanno scelto la strada delle privatizzazioni per assicurare servizi migliori e più efficienti sembrano oggi sull’orlo della ripubblicizzazione. Anche i conservatori che sono stati i promotori convinti della privatizzazione sono preoccupati del fatto che quelli che allora sembravano i pregi di questa forma di gestione ora appaiono, nella migliore delle ipotesi, come delle inadeguatezze da superare:

  • prima la proprietà pubblica aveva il limite di rendere difficile l’aumento delle tariffe e la conseguente difficoltà a finanziare gli investimenti necessari, ora la privatizzazione è considerata la responsabile di una eccessiva e non più sostenibile crescita delle tariffe per pagare dividendi e interessi sul debito;
  • prima la privatizzazione aveva il pregio di consentire un accesso al mercato privato dei capitali per ridurre i costi e migliorare i servizi, ora la privatizzazione è considerata la responsabile della finanziarizzazione del servizio idrico con la conseguente subordinazione dei rendimenti a quelle regole.
  • prima la privatizzazione avrebbe consentito di attrarre management di elevate qualità, adesso si addebita alla privatizzazione il risultato di assegnare retribuzioni e bonus eccessivi ai dirigenti esecutivi delle società.

Insomma, dopo trenta anni la prospettiva con cui si guarda alla privatizzazione è radicalmente cambiata. Coloro che ne erano stati i sostenitori e che l’hanno realizzata ora chiedono riforme radicali per limitarne gli eccessi, mentre coloro che volevano con le riforme (A Fair Deal for Consumer4) mitigarne gli eccessi e orientarla verso gli interessi degli utenti, ovvero i laburisti, ora sostengono la ripubblicizzazione.

Siamo di fronte ad una crisi di legittimità della privatizzazione dei servizi idrici. Di fronte alla preoccupazione del Segretario di Stato all’ambiente per i profitti eccessivi che alcune società idriche hanno realizzato per molti anni, OFWAT promette un cambiamento radicale della sua regolazione tariffaria con una proposta espressa di modificare le licenze del società per mettere al primo posto l’interesse degli utenti.

Sia OXERA che OFWAT propongono di riformare la regolazione per mantenere il modello di privatizzazione correggendone i limiti più marcati che si sono manifestati in questi ultimi anni.

Vi è infine Helm che propone di passare ad un nuovo assetto del servizio che superi sia limiti sperimentati dall’attuale sistema di regolazione di imprese private, sia le incognite di una nuova ripubblicizzazione dei servizi, seminando nelle argomentazioni l’idea che il regolatore abbia fin qui remunerato troppo generosamente un rischio che probabilmente non c’era o era molto ridotto.

Note

[1]Ringrazio amici e colleghi per aver letto e discusso con me il contenuto di questo testo. Resta inteso che la responsabilità di
quanto scritto è solo dell’autore.

[2]L’approccio del regolatore inglese alla finanziabilità parte anzitutto dalla definizione del costo del capitale, e quindi dalla necessità di ipotizzare una struttura teorica del capitale, ovvero una teorica ripartizione delle fonti di finanziamento fra capitale di debito e capitale proprio. Seguendo questa logica, il regolatore definisce un costo sia del capitale di debito che del capitale proprio e arriva così a definire il rendimento del capitale investito. In questo modo l’impresa è incentivata ad avere una struttura del capitale più sbilanciata sul capitale di debito perché così facendo si approprierebbe di un differenziale di costo fra il capitale di debito (remunerato meno) e il capitale proprio (remunerato di più). Tuttavia tale incentivo viene mitigato perché aumentando il capitale di debito peggiorano gli indicatori finanziari che sono utilizzati dai finanziatori per misurare la capacità dell’impresa di restituire il finanziamento, e quindi aumenta il costo del debito, fin al punto da rischiare di non trovare più finanziatori disponibili ad accollarsi il rischio.

[3]Per un approfondimento di questo tema si veda un recente articolo che offre anche un confronto fra due paesi (USA e GB) con due sistemi di regolazione diversi (Buckland, Williams, & Beecher, 2014).

[4]Cfr. A Fair Deal for Consumer. Modernising the Framework for Utility Regulation (Department of Trade and Industry, 1998).

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